Ex ospedale militare “L. Bonomo”

Obiettivo Uno - Ex ospedale militare “L. Bonomo”
Valeria

Sede di uffici comunali?


Di tutte le esplorazioni urbane fatte, e ne annoveriamo centinaia ormai, quella fatta al “Bonomo” resta una delle più affascinanti. L’area occupata da quello che fu l’ospedale militare, forse fra i più grandi d’Italia, è vasta come un piccolo quartiere. Immersi in un parco lussureggiante di oltre cinquantamila metri quadrati, si trovano decine di palazzine, una splendida cappella adorna di affreschi e vetrate policrome, un campo da tennis, un auditorium, una farmacia ed un vero e proprio policlinico con decine di reparti specialistici e sale operatorie. Progettato nel 1936 e realizzato nel 1939, con tecniche ed attrezzature d’avanguardia, su terreno donato dalla facoltosa famiglia andriese dei Bonomo, quale lascito in memoria del compianto generale medico Lorenzo morto durante la prima guerra mondiale. Con il passare degli anni la struttura ha beneficiato di sempre maggiori ampliamenti sino ad arrivare all’attuale dimensione per poi essere abbandonata nel 2008 proprio alla vigilia di una definitiva ristrutturazione.
Nel corso di questi ultimi decenni si sono alternate dozzine di progetti per un possibile riuso. Sotto la strenua vigilanza della proprietà (cui è legalmente tornato ogni titolo) che sembra osteggiare la realizzazione di più lucrose residenze private, l’ospedale attende il suo destino finendo coll’incrementare l’universo degli eco-mostri dei quali la stessa opinione pubblica finirà coll’auspicare la rimozione, rendendosi complice di un’ennesima vittoria della speculazione edilizia.

Il complesso, in stile dichiaratamente littorio, si presenta già al suo monumentale ingresso come un’opera di dimensioni ragguardevoli, un vero inno al liberty barese. Riusciamo ad entrare grazie ai favori di un lucchetto divelto e lo scenario che si presenta agli obiettivi delle nostre reflex è da togliere il fiato. Nel rispetto di simmetrie architettoniche degne del miglior razionalismo, lunghissimi corridoi, passerelle coperte e scoperte, camminamenti, scalinate monumentali e di servizio, tutto sembra replicarsi, palindromicamente, per vie di fuga infinite. Quasi una eco assordante che ostinata impone la sua presenza per non dimenticare. Tutto è vuoto di qualsivoglia arredo o suppellettile. Aleggia un vago odore di tabacco, residuo forse di milioni di sigarette consumate nell’attesa di referti, certificati, congedi.
L’ospedale militare, per molti delle generazioni più datate, rappresentava spesso una via per aggirare l’esilio del servizio di leva a migliaia di chilometri da casa. Erano gli anni della coscrizione obbligatoria che solo per alcuni rappresentava un onorevole quando non addirittura piacevole rito di passaggio all’età adulta. Chi non riusciva ad evitare una aborrita partenza, infatti, ricorreva a internati e ricoveri presso l’ospedale (spesso fasulli) pur di non allontanarsi troppo dal territorio pugliese, pur di non condividere camerate e convivenze sgradevoli. Accanto a costoro v’erano, ovviamente, quelli che realmente necessitavano di cure e per costoro spesso si prospettavano periodi di permanenza non privi di angoscia (impressionante il grido di aiuto che qualche sventurato ospite ha lasciato graffiato sul legno di una porta).
Varcato il grandioso portale in ferro dell’ingresso, sulla sinistra gli ambienti della Direzione del nosocomio. Nonostante vuote e disadorne, queste stanze riescono ancora ad incutere reverenza con la semplice presenza di coccarde, bandiere e targhette di fattura non dozzinale, istoriate sulle vetrate e su residui marmi, quali simboli inequivoci della presenza apicale.

Attorno al maestoso corpo di fabbrica principale, come detto, la vegetazione di un meraviglioso parco ha preso possesso di tutto. Nonostante l’incuria alberi, cespugli, roseti, tutto sembra partecipare alla finalità sanatoria del luogo, sia per il corpo che per lo spirito. La varietà di specie vegetali e l’estensione del “giardino” spinse già nel marzo del 2012 la Gazzetta del Mezzogiorno a lanciare un grido d’allarme per il recupero quantomeno delle piante. Grido inascoltato tanto che ora piange il cuore vedere alberi secolari stramazzati sotto il loro stesso peso, avvizziti e malati. Sotto questa autentica foresta sono distribuite palazzine minori sedi di uffici, laboratori, ambulatori. Tra questa la chiesa intitolata alla Beata Maria Vergine Immacolata all’interno della quale resiste, ancora in ottimo stato di conservazione, un enorme affresco raffigurante, tra gli altri, i santi iconici del mondo militare, in testa Giovanna d‘Arco, santa Barbara, san Martino, l’Arcangelo Gabriele tutti in armatura e spade di ordinanza.
Conforta sapere che la struttura è stata utilizzata diverse volte per ambientazioni cinematografiche, ma certamente è illusorio sperare in un riuso totale e permanente in tale direzione. Resta il carosello della ridda di voci e periodiche smentite sugli appetiti di palazzinari locali e non. Nel 2018 si aprì uno spiraglio verso la conversione del padiglione più grande del nosocomio in Uffici della Pubblica Amministrazione, si parlò anche della possibile allocazione della caserma dei Carabinieri. Nel 2020 il Demanio indisse una gara per la progettazione esecutiva del riuso del padiglione 14, gara mai avviata per colpa della pandemia appena scoppiata. Finalmente all’inizio del 2022 il Consiglio comunale ha dato l’autorizzazione al progetto per riqualificare inizialmente il padiglione 14 e di seguito il 15, 17 e 18, con un cambio di destinazione d’uso ospiterà gli uffici della Ragioneria Territoriale dello Stato e dell’Uepe (Uffici interdistrettuali esecuzione penale esterna) del Ministero della Giustizia.
Aspettiamo speranzosi di rivedere aperto il maestoso cancello di via De Gasperi 243.


Non vi è alcuna ragione perché la facciata di un ospedale debba essere un orribile incrocio tra il penitenziario e un tempio dell’architettura degenerata, e perché le sue linee non debbano essere piacevoli e serene; se non possiamo pretendere che i pazienti entrino con piacere in un ospedale, cerchiamo almeno di far sì che ne varchino la soglia senza repulsione.

Janos Plesch

Autori: Valeria – Mimmo

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